Nostra Dona de piaça

I.     NATA IN PIAZZA

C’è a Modena una Madonna dalla storia lunga e intrecciata in modo singolare con le vicende della città; non a caso è chiamata la Madonna di piazza. Nata infatti in piazza Grande, vi è rimasta per circa quattrocento anni, mentre gli ultimi duecento li ha vissuti all’interno del Duomo. Con un calcolo approssimativo, possiamo dire che ventiquattro generazioni di modenesi (e non solo loro!) l’hanno guardata, l’hanno venerata. Vale la pena dunque conoscerne la storia: è un po’ come sfogliare un album di famiglia e provare a rimettere ordine fra le vecchie carte, alcune conosciute, altre no, altre ancora semplicemente dimenticate.

Sul finire del XII secolo e sul principio del XIII il nostro Duomo cominciò ad essere decorato da pitture murali.  Lo scopo non era certo solo quello di abbellire, ma anche di insegnare, di aiutare soprattutto i fedeli –ed erano la maggioranza– che non avevano dimestichezza con le lettere. Per dirla col Muratori, «a muoverli ci vogliono oggetti materiali, e che cadano sotto la vista e l’udito».  In ogni caso la tradizione cattolica ha sempre, costantemente riaffermato l’importanza delle immagini sacre come mezzi efficaci, insieme a tutti gli altri, per alimentare, incrementare e diffondere l’esperienza della vita cristiana.  

I cristiani, pur non cadendo nell’idolatria delle immagini, vi hanno sempre attribuito un grande significato, in relazione all’importanza delle Persone raffigurate. Possiamo farci un’idea di questa sensibilità ricordando un fatto accaduto a Modena nel 1522 e così registrato dal cronista Andrea Todesco: «Recordo come a dì 2 nuembro achadì uno chaso in questa cità de Modena: fugi uno ch’aveva zugato e aveva perdute. Videndoso dispirato, dé tre ferito a una figura de la Madri de Dio. Subito fugi preso e fugi impicato; da pogi se ronpo el cavestro e cascò in piaça, e fu tolte e fu purtate via e schanpò per miracole de la gloriosa Madro de Dio».  Ecco com’erano i modenesi: pronti ad impiccare uno per un gesto sacrilego, ma pronti anche a riconoscere il miracolo nella rottura del capestro! Non sappiamo contro quale immagine fosse stato compiuto il misfatto, ma potrebbe anche trattarsi della nostra Madonna, già da tempo presente nella piazza e in posizione facilmente raggiungibile (e anche facilmente controllabile!).

L’esecuzione dell’affresco della Madonna di piazza non è databile con precisione, ma «non conoscendosi in quale anno, ed in quali contingenze fosse tale Immagine dipinta (…) fa d’uopo ritenere che ciò avvenisse ab immemorabili, sicché quella meriti di essere annoverata tra i più antichi dipinti della nostra Città».  
È verosimilmente a questa Madonna che faceva riferimento Tommasino Lancellotti nella sua Cronaca in data 27 ottobre 1541, raccontando di una sepoltura avvenuta «in piaza apresso el muro del Domo dove è una nostra Dona».  

Nemmeno dell’autore si ha notizia certa, ma l’opera viene attribuita a Cristoforo da Modena, attivo fra Tre e Quattrocento e probabile artefice, a detta del Tiraboschi, anche della «antica imagine della B.V. dipinta nella scala del pulpito di questa Cattedrale di Modena».  
L’affresco era stato eseguito direttamente sul muro esterno del Duomo, sul lato verso la piazza, fra la porta del Battesimo e la maestosa porta Regia. Era grande, occupava quasi tutta una campata (fig. 1).
L’immagine completa ci è pervenuta grazie ad una incisione settecentesca, della quale si conserva ancora la matrice in rame.  La Madonna vi appare semi-seduta su un trono, preoccupata di sostenere con le mani intrecciate il Bambino in atto di aggrapparsi a lei. Ai lati le facevano corona san Geminiano in abiti vescovili e san Giovanni evangelista, entrambi in piedi; alle estremità, leggermente più piccoli, il santo eremita Onofrio e san Contardo d’Este in abito da pellegrino (fig.3).

La raffigurazione centrale di Maria riprende uno dei principali tipi iconografici mariani, quelli che la tradizione fa risalire allo stesso evangelista Luca: la Madonna della tenerezza. Uno sguardo al frammento superstite conferma questo riferimento (fig.4). La guancia della Madre di Dio è accostata alla guancia del Figlio, in atteggiamento di ineffabile tenerezza e protezione. Il volto del Bambino è in profonda contemplazione di quello della Madre. Tutto esprime un amore vicendevole profondamente umano. Ma, attenzione: il Bambino che cinge con il braccio il collo della Madre appare anche come il Consolatore, il Salvatore misericordioso verso la sua creatura. La Madre rappresenta tutta l’umanità, accoglie in sé ogni sentimento umano e lo trasfigura in preghiera. La spontaneità dei gesti, le figure per nulla ieratiche, più simili a quelle della pittura trecentesca emiliana che alle icone orientali, non facciano dimenticare che si è di fronte a un’immagine teologicamente ispirata, ricca di significati simbolici, da scoprire guardando e pregando.
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